Continua l’appuntamento mensile con Roberto Mancini e le sue “Idee eretiche”, la rubrica che cura per la rivista “Altraecononomia“, un’importante realtà cooperativa legata al mondo del commercio equo e solidale. La rivista, nata nel 1999, è arrivata al numero 180 e proprio questo mese ha rinnovato profondamente la sua veste grafica e aggiunto nuovi contenuti. “Altraecononomia” è venduta in edicola e per la strada: in questo caso dei 4 euro del prezzo di copertina 3 vanno al rivenditore! Per quelli, fra i nostri lettori, che non lo conoscessero, Roberto Mancini è docente di Filosofia teoretica all’Università di Macerata e insegna Economia umana all’Accademia di architettura dell’Università della Svizzera italiana a Mendrisio. E’ autore di numerosi libri fra quali citiamo gli ultimi editi da FrancoAngeli: “Ripensare la sostenibilità – Le conseguenze economiche della democrazia” e “Trasformare l’economia – Fonti culturali, modelli alternativi, prospettive politiche”. Ma Roberto Mancini è soprattutto, per noi, un grande e insostituibile amico del Ruolo Terapeutico
Economia domestica. E’ l’economia dei ruoli e della divisione dei compiti che da sempre organizza il rapporto tra uomini e donne. Far maturare un’altra economia non solo in piccole comunità, ma nella società intera è impensabile senza una profonda trasformazione della relazione tra i generi. Si conferma anche da questa prospettiva l’idea per cui il processo di superamento del capitalismo non è attuabile solo con buone pratiche o con politiche economiche diverse, ma richiede un mutamento radicale e sistematico del nostro modo di abitare il mondo. La direzione della trasformazione realmente adeguata è evidente: si tratta di passare dalla mentalità che fa del potere il mediatore di tutti i rapporti (tra capitale e lavoro, tra umanità e natura, tra adulti e bambini, tra uomini e donne, tra nativi e migranti, tra possidenti e diseredati) a una cultura liberante, per cui il mediatore in ogni relazione diventa la giustizia.
Intendo la giustizia che sa onorare la dignità delle persone e della natura; non è una dea bendata che non guarda in faccia a nessuno, ma una visione e un’azione lucida che sa riconoscere ognuno, volto per volto. La giustizia vera è fatta di rispetto, accoglienza, reciprocità, solidarietà, responsabilità. E’ una forza di risanamento delle relazioni e delle situazioni, non un potere che reagisce al male con altro male. In un ordinamento civile e in un tessuto sociale orientati in questo modo chiunque trova spazio per essere libero, senza che questo diritto sia più confuso con la prepotenza e con l’indifferenza verso gli altri, come accade nella logica del “liberismo”. Giustizia è il nome plurale della libertà. La giustizia giusta, dice María Zambrano, consiste nel “trattare chiunque meglio di quanto si meriti” (Delirio e destino, Raffaello Cortina editore, p. 95), poiché la misura di riferimento è la dignità della persona e non l’utilità, la prestazione o la colpa.
La scoperta e l’interiorizzazione di una giustizia simile avvengono in primo luogo nel rapporto tra i generi e in quello tra le generazioni. Quando tale cammino di apprendimento resta bloccato, prevale il criterio del potere, che una volta smascherato si rivela per quello che è: violenza. E’ proprio quello che continua ad accadere ogni giorno, ovunque nel mondo, a causa della violenza degli uomini contro le donne. Disprezzate, sfruttate, offese, violentate, uccise, bruciate vive. E di fatto prese in giro dalle grandi religioni mondiali, che a tutt’oggi continuano a perpetuare lo stereotipo per cui le donne sarebbero umanità minore e a disposizione. E’ storia vecchissima, sempre uguale. Perciò le parole di condanna suonano subito retoriche e pure le leggi più avanzate vengono facilmente eluse.
Marx pensava che la rivoluzione proletaria avrebbe automaticamente liberato il genere femminile. Oggi i soggetti dell’altreconomia non possono essere così ingenui. Noi uomini, tutti, dobbiamo diffidare di noi stessi e sentire la benefica vergogna per la tradizione maschilista a cui comunque apparteniamo. Dobbiamo chiederci quale immagine della donna abbiamo nel cuore e nella mente, quale economia domestica (materiale, simbolica, affettiva) abbiamo organizzato nei confronti di madri, sorelle, compagne e amiche. Chi opera per la nascita di un sistema economico equo, sobrio, ecologico e democratico deve interrogarsi con un’autentica disponibilità a cambiare. Le cooperative, le associazioni, le reti e i movimenti dell’altreconomia, sovente guidati da uomini, devono fare una verifica collettiva e scegliere una strada nuova. Molta parte del pensiero alternativo a cui ci si ispira è dovuto a schemi e logiche maschili. Vuol dire che il nostro resta un pensiero sordo, non così alternativo come crediamo. Perciò occorre porsi in ascolto e imparare, grazie al dialogo con le donne, a sradicare il maschilismo. In tal modo potremo dare un contributo all’avvento di relazioni libere dal dominio in ogni ambito della vita personale e collettiva. Questa è la prima altreconomia.

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Idee Eretiche di Roberto Mancini – Luglio