Editoriale dei Quaderni del Ruolo n. 10

Finalmente, anche grazie a una ponderosa campagna vaccinale, la curva pandemica inizia a decrescere e ci avviamo tutti a trascorrere un’estate più spensierata…

Ma davvero potrà essere spensierata un’estate che arriva dopo 177 milioni di contagi e quasi quattro milioni di morti? Davvero saremo capaci di voltare pagina e continuare per la nostra strada come se nulla fosse? Saremo capaci di imparare da questa calamità qualcosa di buono e di utile?

Due cose sono certe, la prima è che noi esseri umani rispondiamo alle situazioni di crisi con grande generosità, stupendo spirito di sacrificio, profondo egoismo e tanti altri comportamenti positivi e negativi ben intrecciati in una trama indissolubile.

La seconda cosa certa riguarda gli effetti positivi della “cessazione del movimento” umano. Con il confinamento di ben quattro miliardi di persone, gli abitanti del Punjab sono riusciti a vedere l’Himalaya, dopo decenni. I mari e i cieli hanno tirato un sospiro di sollievo. È vero, non abbiamo visto i delfini nei canali di Venezia come annunciato da una fake news ma le emissioni di carbonio si sono comunque fortemente ridotte, con grande soddisfazione di ogni forma vivente. Il giornalista scientifico Robert Kunzig si chiede, e noi con lui, “l’esperienza coronavirus cambierà il nostro modo di trattare il pianeta, considerato che quasi otto miliardi di persone dovranno comunque guadagnarsi da vivere?”.

Non saprei davvero cosa rispondere alla domanda di Kunzig ma vorrei che questa pandemia, a differenza delle precedenti, non si concludesse con un’amnesia globale. Sinceramente spero che i ragazzi tra i 18 e i 25 anni, oggi troppo giovani per essere dei millennial e troppo vecchi per rientrare nella generazione Z, sapranno affrontare la prossima pandemia con minori conseguenze negative e, soprattutto, sapranno ridurre drasticamente le diseguaglianze sociali che in questo periodo così drammatico sono emerse con penosa evidenza.

Karl Jaspers, in La questione della colpa, distingue quattro concetti di colpa e spiega che una di queste, la colpa metafisica, essendo connaturata nella nostra specie, fa sì che ciascuno di noi sia in un certo senso corresponsabile per tutte le ingiustizie e i torti che si verificano nel mondo. Quando una persona non fa tutto il possibile per impedirli, diventa anche lui colpevole.

Ecco, mi piacerebbe che ognuno di noi riconoscesse, grazie a questa esperienza collettiva, che tutta la fragilità e la precarietà del nostro essere dipende dall’ingenuo egoismo a cui siamo assuefatti e che la bellezza e la forza della nostra umanità sono nella capacità di vedere i nostri simili come precari coinquilini di un unico mondo che non abbiamo creato e che è e rimarrà sempre coerente con se stesso, a costo di sfrattarci senza troppi complimenti.

CDP