Era mio padre di Dominique Campete

Recensione di Fulvia Ceccarelli

Questa giovane scrittrice emergente, che si occupa di progetti educativi a sostegno delle persone fragili, già vincitrice di diversi concorsi letterari, è al suo esordio come romanziera, con “Era mio padre”. Un racconto originale, delicato, irriverente, gradevole, che narra dello tsunami che si abbatte su una famiglia come tante, quando un padre, già di una certa età, cambia genere. Spiazzando tutti. La cosa davvero pregevole è che l’autrice, accostandosi a questa tematica con profondo rispetto e garbata ironia, prova a mettersi nei panni di ciascuna delle persone coinvolte, per dar loro voce e dignità; per esplorare e comprendere le diverse reazioni, che spaziano dallo stupore attonito alla rabbia dell’inganno in un racconto che diventa corale. Eri mio padre e adesso chi sei diventato? Come ti devo chiamare? Non ci potevi pensare prima di mettere su famiglia? Perché ci metti in una situazione così imbarazzante? – si chiedono i figli. Credo che l’intento dell’autrice non sia quello di normalizzare questo tipo di situazioni, peraltro sempre più frequenti, ma di creare uno spazio autentico di riflessione. Se penso che fatico a riconoscere un amico che si è tagliato la barba, perché mi sembra un’ altra persona, posso immaginare cosa provi un figlio quando scopre un velo di fondotinta sul volto del padre. Nel contempo immagino il padre che, sentendosi scomodo nel suo corpo da una vita, dapprima cerchi di soffocare il suo malessere e poi, quando non ce la fa più, sparisca per progettare un ritorno coerente con la sua nuova identità. Faticando a trovare le parole giuste per spiegare e accettando la possibilità, tutt’altro che remota, di essere rifiutato dalle persone che ama di più. Tra chi nega, chi ostenta un’allegria forzata, chi è impacciato e inventa mille scuse con i vicini di casa, c’è un figlio, timido e stralunato, che si lascia guidare dell’amore, dando l’esempio a tutti.

Fulvia Ceccarelli