Torna l’appuntamento mensile con Roberto Mancini e le sue “Idee eretiche”, la rubrica che cura per la rivista “Altraecononomia“, un’importante realtà cooperativa legata al mondo del commercio equo e solidale. La rivista, nata nel 1999, è arrivata al numero 180 e proprio questo mese ha rinnovato profondamente la sua veste grafica e aggiunto nuovi contenuti. “Altraecononomia” è venduta in edicola e per la strada: in questo caso dei 4 euro del prezzo di copertina 3 vanno al rivenditore! Per quelli, fra i nostri lettori, che non lo conoscessero, Roberto Mancini è docente di Filosofia teoretica all’Università di Macerata e insegna Economia umana all’Accademia di architettura dell’Università della Svizzera italiana a Mendrisio. E’ autore di numerosi libri fra quali citiamo gli ultimi editi da FrancoAngeli: “Ripensare la sostenibilità – Le conseguenze economiche della democrazia” e “Trasformare l’economia – Fonti culturali, modelli alternativi, prospettive politiche”. Ma Roberto Mancini è soprattutto, per noi, un grande e insostituibile amico del Ruolo Terapeutico

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Macerata, uno specchio dell’Italia e dell’Europa. Infatti è guardando alla sequenza di avvenimenti che si sono verificati nella città marchigiana che ci vengono restituite sia la fisionomia dei pregiudizi peggiori, sia la fisionomia dell’impegno democratico necessario per rigenerare la qualità dell’accoglienza e della convivenza.

I fatti sono noti: l’omicidio e lo scempio del cadavere di Pamela Mastropietro; l’emergere della responsabilità di individui legati al mondo dello spaccio e di nazionalità nigeriana; il raid razzista e potenzialmente omicida commesso da Luca Traini per “vendetta”; la reazione imbarazzata del sindaco; il diffondersi di un sentimento di ostilità verso gli stranieri in una parte della popolazione; le scorribande neofasciste di Casa Pound e di Forza Nuova; la successiva grande e pacifica manifestazione antirazzista e antifascista del 10 febbraio scorso.

Vediamo anzitutto i pregiudizi che risaltano da questo specchio. Il primo afferma che immigrazione significa criminalità e che la presenza eccessiva delle persone straniere, specie se di origini africane, è un’invasione che colpisce la sicurezza e la “razza bianca”. Si dice: non sono gli italiani a essere razzisti, sono gli stranieri a essere troppi. Il secondo pregiudizio dice che siamo dinanzi a un caso di follia individuale. Il terzo pregiudizio dice che in Italia non c’è alcun pericolo di ritorno del fascismo, morto nel 1945; si afferma che fascismo e antifascismo sarebbero opposti estremismi da porre sullo stesso piano e da sconfiggere.

Si tratta di tre menzogne. I comportamenti criminali non dipendono dall’appartenenza etnica, semmai hanno in parte un legame con la marginalizzazione sociale. Il diffondersi di atteggiamenti razzisti non deriva dall’eccesso di stranieri, ma dal colpevole e perdurante vuoto di risposta politica. E’ l’irresponsabilità dell’Unione Europea, che ha scaricato il problema su Italia e Grecia; è l’irresponsabilità dei governi succedutisi in questi anni, privi di un progetto in grado di dare continuità all’accoglienza in termini di cittadinanza effettiva e pronti ad accordarsi con la Libia dei campi di detenzione e di tortura; è l’irresponsabilità del Parlamento, che ha fatto cadere ogni ipotesi, anche molto cauta, di quello che impropriamente è stato chiamato ius soli; è l’irresponsabilità di molti amministratori locali, buoni solo a chiudere le mura delle loro città; è l’irresponsabilità di tutti i L’Italia tra disperazione e illusione. È la posizione di un Paese colpito dai poteri finanziari globali, da un’Unione Europea ipocrita e suddita di quei poteri, nonché dal parassitaggio di un ceto politico egocentrico, con l’eccezione di alcune figure isolate. La “personalizzazione” della politica, che già in sé è un male, avviene non in rapporto a figure come Mohandas Gandhi, Nelson Mandela, Willy Brandt, Olof Palme, José Mujica oppure Gobetti, Gramsci, Spinelli, Sturzo, De Gasperi, Togliatti, Nenni o Berlinguer, ma con personaggi del calibro antropologico di Salvini, Berlusconi, Grillo, Di Maio, Renzi, D’Alema, Bersani. Questo basterebbe a capire perché siamo messi così male.

L’illusione è la speranza dei disperati. Siamo arrivati al voto senza un progetto e un soggetto adeguati ad avviare la liberazione dall’assetto esistente. Gran parte degli elettori hanno detto no sia alla presenza dei migranti, votando la Lega, sia ai politici e al “vecchio”, votando M5S. Renzi e i suoi hanno reagito alla disfatta con la consueta superficialità, la cui ultima trovata è il rifiuto di tentare un governo con il M5S per consegnare così l’Italia o adesso a una Lega a 5 stelle o, dopo nuove elezioni con premio di maggioranza, direttamente a Salvini.

Alla disperazione e all’illusione si aggiunge la banalità dei commentatori che ti spiegano i risultati delle elezioni come se fossero il giudizio di Dio ai tempi dell’Inquisizione. E ti illustrano che siamo oltre le ideologie, oltre la differenza tra destra e sinistra, oltre i novecenteschi valori della Costituzione, oltre le relazioni dirette tra le persone, perché ormai tutto è post-ideologico, digitale, accelerato. Nella gara per la tradizionale apologia dei vincitori il Nobel lo darei a Loris Caruso, che su “il manifesto” del 13 marzo scorso, riferendosi al M5S, ci offre con entusiasmo queste due perle di intelligenza politica: “la frattura vecchio/nuovo vale dieci volte quella destra/sinistra” e “l’Italia ha inventato una nuova forma politica”. Se il “il manifesto” pubblica un commento del genere, questo ci dà la misura di quanto, oltre a molti giovani, dal nostro Paese stia emigrando pure il pensiero critico-progettuale. Non serve la laurea in scienze politiche per capire che il cosiddetto “nuovo” esprime in gran parte tendenze conformi al sistema globale vigente: l’adesione al tecnocapitalismo e l’ostilità verso i migranti. La differenza tra una tendenza di destra, tutta a favore dei poteri dominanti, e una tendenza di sinistra, a favore della liberazione di chi è sottomesso dal sistema, non esiste più solo nel senso che la destra per ora ha stravinto. Lo ha fatto non solo alle elezioni in molte parti del mondo, bensì nella mentalità diffusa e nei rapporti di forza su scala globale.

Stiamo assistendo al crescere della povertà, alla disarticolazione dell’economia reale, alla demolizione dei servizi pubblici, alla fuga dei giovani, al ritorno del razzismo e del neofascismo, al trionfo del qualunquismo e della menzogna. In tale contesto dire che è stata inventata una nuova forma della politica è una battuta surreale, degna di Antonio Albanese.

I protagonisti dell’altra economia, dell’ecologismo, del femminismo, dei movimenti di liberazione dei migranti, degli studenti, dei lavoratori, dei marginalizzati, i movimenti per i diritti civili, le associazioni di volontariato più consapevoli, i Comuni impegnati nella democrazia locale e le scuole fedeli al loro compito educativo devono mantenere la rotta senza cadere nella disperazione, nell’illusione e nel conformismo. Mantenere la rotta significa imparare sempre più a pensare e ad agire politicamente. Si tratta di lavorare per trascrivere il bene comune in un progetto di società e per promuoverne dal basso la graduale realizzazione. Perciò occorre costruire alleanze sociali e culturali eticamente ispirate che, un giorno, genereranno una politica e un governo all’altezza della democrazia equa, accogliente, ecologica e nonviolenta. Altro che il “nuovo”!

Partiti di destra e del Movimento 5 Stelle, che perseguono la logica del respingimento nei confronti dei migranti.

Poi bisogna riconoscere che non si tratta di follia individuale, ma del crescere di un’intolleranza dovuta a un malessere economico e sociale dalle cause non individuate correttamente e spostate sul capro espiatorio ideale: gli stranieri, soprattutto se africani. L’attentatore che ha colpito Mahamadou Toure, Jennifer Otioto, Gideon Azeke, Wilson Kofi, Festus Omagbon e Omar Fadera non è semplicemente un “pazzo”, è l’espressione criminale di un retroterra nel quale un mix di militanza neofascista e leghista coltiva attivamente il pregiudizio razzista. Infine va evidenziata la mistificazione per cui fascismo e antifascismo sono sullo stesso piano: il primo è culto della violenza, del potere che opprime, della razza, un culto che torna in forme rinnovate ma con la stessa indole di sempre; il secondo è la radice stessa della Costituzione e della Repubblica.

Nello specchio di Macerata capiamo soprattutto quanto sia urgente il dovere di tornare a praticare l’etica del bene comune, che guarda alla dignità di chiunque, e di partecipare alla vita politica democratica, sconfiggendo il razzismo e il fascismo. “Democrazia” significa organizzare l’accoglienza verso ogni persona e svolgerla nel sistema economico, politico, educativo. Come ricorda Omero nel sesto canto dell’Odisseail principio di accoglienza è il fondamento della civiltà: “lo straniero, il supplice, è come il fratello per l’uomo che abbia anche soltanto un poco di senno”.

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Macerata, uno specchio dell’Italia e dell’Europa